Piazza Duomo: Una questione (ir)risolta

Il percorso che ha portato Piazza Duomo a diventare il luogo che conosciamo oggi dura oltre un secolo, ed è costellato di imprevisti, buchi nell'acqua e idee bizzarre. Dal campanile alla torre littoria, una storia di possibilità che, spesso, è un sollievo vedere naufragare.

 

I progetti dell'architetto Giuseppe Mengoni hanno conferito a piazza Duomo la conformazione che oggi conosciamo. L'impresa mengoniana, iniziata nella seconda metà dell'Ottocento, si interruppe bruscamente con la scomparsa dell’architetto, precipitato da un'impalcatura alla vigilia dell'inaugurazione di Galleria Vittorio Emanuele: la piazza della cattedrale restava incompleta ed orfana del suo artefice. Il lato Ovest costituiva un "personaggio in cerca di autore", privo del Palazzo dell'Indipendenza previsto da Mengoni. Ma era soprattutto un'ala di Palazzo Reale, passata alla storia come "manica lunga", ad irritare l'occhio degli architetti: il prolungamento del palazzo, infatti, allineato con la Galleria Vittorio Emanuele, spezzava visibilmente la simmetria della nuova piazza. La demolizione e la sostituzione della Manica Lunga furono le due questioni principali, nei decenni a venire, al centro delle proposte sulla sistemazione di piazza Duomo. Cittadella degli Archivi conserva, su queste proposte, alcune preziose testimonianze. Innanzitutto, sfogliando le pratiche di Palazzo Marino, ci si imbatte in una delle rare fotografie della struttura, demolita nel 1936. Ma è solo un assaggio: il materiale grafico, infatti, è abbondante e ben conservato.

Siamo alla fine degli anni Venti, per esempio, quando l'architetto Vico Viganò avanza il progetto per un torre campanaria che sia fedele allo stile del Duomo. L'architetto è addirittura affiancato da un comitato a sostegno del campanile - che ha eletto a proprio presidente onorario Benito Mussolini - e si dice forte di un precedente storico: la costruzione, posteriore rispetto alla Basilica, della torre di San Marco a Venezia. Il progetto è ambizioso ma, soprattutto, costosissimo: presentato con dettagliati plastici che riportano, nei minimi particolari, i tratti neogotici della struttura, il progetto ha promotori "illustri" ma prezzi proibitivi, e viene abbandonato.

Siamo negli anni dell'affermazione fascista ed il regime cerca di imprimere la propria impronta sulla piazza della città che ha dato i natali alle camicie nere.  Tra il 1929 e il 1934, vengono indetti due concorsi per costruire, al posto della Manica lunga, una torre littoria. Il promo, di cui non si conserva materiale grafico, è indetto dall'Associazione tra i Cultori dell'Architettura, e si rivela un fiasco sia dal punto di vista dei partecipanti (quattordici) che qualitativo. 

Diverso è il secondo, indetto dal Comune e capace di coinvolgere nomi altisonanti dell'architettura nazionale. Ci restano, qua e là, alcune relazioni accompagnate da bozze e misurazioni, oltre alla bizzarra proposta di un droghiere che, senza iscriversi al concorso, cerca di attrarre l'attenzione degli uffici di Palazzo Marino a suon di lettere. Il suo nome è Savino Gioia e qualche anno prima la vetrina della sua drogheria è stata eletta la migliore in città. Il successo ottenuto lo convince di poter offrire alla sua amata città un monumento altrettanto straordinario, ma la sua torre, un immenso fascio littorio con tanto di accetta, strappa un sorriso all'osservatore. Anche il secondo concorso per la torre littoria, tuttavia, si rivela un fallimento. In un estratto della Rivista Architettura, che mostra ulteriori disegni non reperibili nelle pratiche, gli autori si rammaricano di come nessun architetto riesca a mostrare la sensibilità necessaria a rinnovare la piazza senza violentarne l'armonia. Occorre aspettare l'aprile del 1937 perché l'ennesimo concorso veda prevalere un progetto: è quello che, con alcune modifiche date dalla caduta del regime, condurrà al Palazzo dell'Arengario, che ospita oggi il Museo del Novecento e, in quanto realizzato, non fa parte della Città che non c'è.

Tra le ambiziose strutture propagandistiche e la suggestiva idea del campanile, nelle pratiche di Cittadella spuntano anche alcuni disegni per una sistemazione di altre zone della piazza. Vanno citati, a questo proposito, due bozzetti del prof. Lodovico Poghiaghi riguardanti il sagrato e il lato Sud, risalenti ai primi anni Quaranta. Più avanti, infine, a Palazzo Marino giunge un progetto del tutto diverso da quelli appena descritti: la Seconda Guerra Mondiale è alle porte e l'imprenditore emiliano Cleopatro Cobianchi, già celebre in città e in Italia per i suoi alberghi diurni, propone un inquietante, quanto confortevole, rifugio antibomba, che occupi il sotterraneo dell'intero sagrato.  

Una storia lunga e ricca di testimonianze quella di piazza Duomo, cuore della vita milanese che avrebbe potuto essere notevolmente diverso da come oggi lo conosciamo e da come a volte, sbagliando, ci sembra sia sempre stato. Nella città che non c'è, Piazza Duomo è colma di idee, più o meno assurde, più o meno riuscite. Più o meno degne di essere rimpiante.

 

 

 

Nella prossima sezione puoi osservare tutto il materiale grafico su piazza Duomo, conservato in Cittadella degli Archivi.

Dove sarebbero? I progetti irrealizzati e la loro collocazione.

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