Capitolo 4. I trattati di pace e le celebrazioni

Dopo la disastrosa ritirata di Caporetto nell'ottobre del 1917, il fronte italiano si stabilizzò lungo il fiume Piave[54], dove le forze italiane riuscirono a riorganizzarsi sotto il comando del generale Armando Diaz. Il successo della nuova linea difensiva e l'offensiva di Vittorio Veneto[55], lanciata il 24 ottobre 1918, furono decisive per il crollo delle forze austro-ungariche sul fronte italiano.[56]

L'Armata italiana, sostenuta dalle truppe alleate, in primo luogo gli Stati Uniti, riuscì a sfondare le linee nemiche, avanzando rapidamente e costringendo l'Austria-Ungheria alla resa il 4 novembre 1918. La battaglia di Vittorio Veneto non solo segnò la fine delle ostilità sul fronte italiano, ma accelerò anche il disfacimento dell'Impero Austro-Ungarico, ormai in preda a insurrezioni interne e alla disgregazione dei suoi gruppi etnici.[57]

La rappresentazione della sconfitta del nemico sulle pagine della Domenica del Corriere si inserisce in un contesto di celebrazione simbolica della vittoria italiana, caratterizzata da un forte richiamo al patriottismo e al sacrificio nazionale.

Nel numero 45 del 17 novembre 1918, l'illustrazione rappresenta una figura femminile allegorica dell'Italia, la quale sventola trionfante il tricolore con uno sguardo fiero e determinato. Sullo sfondo, le città appena conquistate appaiono in rovina, a testimonianza del lungo conflitto bellico, mentre il cielo si schiarisce mostrando l'inizio della pace. L'immagine cattura il momento di rinascita e speranza, celebrando la vittoria e il ritorno alla pace dopo anni di sofferenze.[58]

Nel numero successivo, viene celebrato il momento glorioso della vittoria con un linguaggio visivo che richiama iconografie classiche e mitologiche: i soldati italiani sono rappresentati come eroi, che, seppur feriti, si apprestano a tornare a casa, in un ambiente solenne che sottolinea la sacralità del momento. Anche qui, al centro, è rappresentata una figura femminile, la Vittoria[59], come un’entità divina che incorona i soldati e la nazione in un ambiente festoso.[60]

 

 

"Il nemico, il barbaro aguzzino è disfatto, e le terre fatte sacre da un anno di martirio tornano alla Patria. Il tricolore dei fratelli che aspettavano si leva fiero a baciare, nel fulgore della Vittoria, le lacere gloriose bandiere dell’Esercito liberatore."
"Nell’ora della gloria. Dopo le titaniche lotte, i sacrifici immani, i lutti e le bufere, sull’Esercito d’Italia, sulle eroiche legioni che romanamente pugnarono per la causa più santa, si è levata e sta, fulgidissima, la Vittoria."

Un tema centrale nelle rappresentazioni postbelliche presenti sui numeri della Domenica del Corriere è la liberazione delle città italiane, con particolare enfasi su Trento, Trieste e Fiume.

Nell’illustrazione del numero 48, la scena celebra la solenne riconquista di Trento con una cerimonia religiosa tenuta ai piedi del monumento a Dante, simbolo della cultura e dell’identità italiana.[61]

Al contrario, l'illustrazione dedicata a Fiume, la numero 19 del 1919, rappresenta una realtà più complessa e incerta. La scena mostra un'enorme folla di cittadini fiumani che manifesta il proprio legame con l'Italia, con bandiere tricolori e un'atmosfera entusiasmante e patriottica. Questo fervore nazionalista è enfatizzato per sottolineare la volontà popolare di appartenere al Belpaese, nonostante il futuro di Fiume fosse ancora oscuro e oggetto di dispute internazionali.[62]

La differenza tra le due rappresentazioni è significativa: mentre Trento viene mostrata come una città ormai integrata e liberata, Fiume appare come una città ancora in lotta per affermare la sua italianità, il giornale quindi influisce sulla percezione del lettore per concepirla come tale.

"In Trento liberata. La Messa della Vittoria a piè del Monumento a Dante."
"Fiume ancora una volta proclama solennemente la sua indomabile italianità. La commovente, plebiscitaria dimostrazione dei fiumani, dopo la consegna dei poteri statali al rappresentante della Madre Patria."

Le trattative di pace per l'Italia, al termine della Prima Guerra Mondiale, si rivelarono un momento di profonda disillusione politica e diplomatica. Nonostante l'Italia fosse entrata in guerra al fianco delle potenze dell'Intesa, confidando nelle promesse territoriali sancite dal Patto di Londra del 1915, i negoziati che seguirono l'armistizio del 1918, culminati nella Conferenza di Pace di Parigi (1919-1920), evidenziarono una profonda differenza tra le aspettative italiane e i risultati effettivi.[63]

L'Italia rivendicava, in base al Patto di Londra, il controllo su territori come il Trentino-Alto Adige, il Venezia Giulia, l'Istria e parti della Dalmazia, nonché una serie di compensi coloniali in Africa e nel Mediterraneo. Tuttavia, durante le trattative, le potenze principali (in particolare Stati Uniti, Regno Unito e Francia) manifestarono riluttanza a concedere all'Italia le richieste avanzate, sia per ragioni di equilibrio politico nei Balcani sia per la resistenza delle popolazioni locali, che aspiravano all'autodeterminazione.[64]

La frustrazione italiana culminò nella "Vittoria Mutilata"[65], un sentimento diffuso di ingiustizia nazionale che si tradusse in una profonda crisi politica e culturale. La delegazione italiana, guidata dal Primo Ministro Vittorio Emanuele Orlando[66], si trovò in una posizione di debolezza rispetto alle altre potenze vincitrici. Nonostante l'Italia avesse ottenuto il Trentino-Alto Adige e l'Istria, non riuscì ad acquisire Fiume e altre zone della Dalmazia, né ottenne i compensi coloniali attesi. Orlando e la delegazione italiana, frustrati dalle mancate concessioni, abbandonarono momentaneamente le trattative, un gesto inutile che non portò ai risultati sperati.[67]

Qui di seguito sono rappresentate alcune delle illustrazioni principali delle trattative di pace:

"Mentre si decidono le sorti del mondo. Una seduta della Conferenza per la pace: parla il presidente Clemenceau."
"Il ritorno della Delegazione italiana. Tutto il popolo di Roma esprime all’on. Orlando la solidarietà della Nazione. “In quest’ora – dice il Capo del Governo – una sola cosa importa sopra tutto: che l’Italia sia unita in un solo volere”."
"Il frutto della vittoria militare italiana: la firma della pace con l’Austria, nel Castello di Saint-Germain. Mentre firma il senatore Tittoni, capo della Delegazione italiana."

La fine della guerra non fu però accompagnata da una pari stabilità interna: l'Italia si trovò a dover affrontare gravi problemi economici, il ritorno di migliaia di soldati disoccupati e una profonda crisi politica. La crisi economica infatti, acuita dalle spese belliche, dall'inflazione[68] in ascesa e dalla scarsità di beni di prima necessità, provocò proteste e scioperi diffusi tra la popolazione media. La mobilitazione totale richiese enormi sacrifici alla popolazione civile, con un alto numero di giovani chiamati alle armi e una produzione industriale riconvertita a sostegno dello sforzo bellico.[69]

Nonostante il successo militare, il Paese nel dopoguerra dovette affrontare questa serie di sfide interne che avrebbero influenzato il suo futuro politico nei decenni successivi. Il conflitto non solo ridisegnò i confini territoriali dell’Italia, ma trasformò profondamente la società, lasciando una traccia indelebile nella memoria collettiva e ponendo le basi per l'avvento del Fascismo.[70]

Infine, come ultima illustrazione significativa del nostro percorso, la Domenica del Corriere pubblicò tra il 23 e 30 novembre nel 1919 il numero 47: "Un ritorno caro ai veneziani. I cavalli di San Marco, che la guerra aveva fatto allontanare da Venezia, sono stati issati, tra il giubilo del popolo, al loro antico posto sul pronao della Basilica." I cavalli di San Marco, simbolo di Venezia, furono rimossi dopo la ritirata di Caporetto per proteggerli dalle minacce del conflitto; il loro ritorno alla Basilica rappresenta quindi la volontà nazionale di ricostruire il tessuto sociale e culturale nel depoguerra[71].

"Un ritorno caro ai veneziani. I cavalli di San Marco, che la guerra aveva fatto allontanare da Venezia, sono stati issati, tra il giubilo del popolo, al loro antico posto sul pronao della Basilica."

Documentario: La prima guerra mondiale a colori - Ep. 5 La fine della guerra (Rai Storia).

Note

[54] A. Canavero, Storia contemporanea,  cit., pp. 152-156.

[55] La battaglia di Vittorio Veneto fu l'ultimo scontro armato tra Italia e l’impero austro-ungarico della Grande guerra: si combatté tra il 24 ottobre e il 3 novembre 1918 nel territorio tra Vittorio Veneto e le Alpi Giulie. L'evento segna la fine della guerra sul fronte italiano, portando a l'esercito austriaco alla resa. La battaglia di Vittorio Veneto, in Ministero della Difesa, https://www.esercito.difesa.it/storia/Pagine/battaglia-di-vittorio-veneto.aspx#:~:text=%E2%80%8Bfu%20l'ultimo%20scontro,Piave%20e%20da%20cui%20l', consultato il 24/08/2024.

[56] A. Canavero, Storia contemporanea,  cit., pp. 152-156.

[57] Ibidem.

[58] A. Beltrame, Il nemico, il barbaro aguzzino è disfatto, e le terre fatte sacre da un anno di martirio tornano alla Patria. Il tricolore dei fratelli che aspettavano si leva fiero a baciare, nel fulgore della Vittoria, le lacere gloriose bandiere dell’Esercito liberatore, La Domenica del Corriere, numero 45, 17 novembre 1918, copertina.

[59] Divinità romana, personificazione della vittoria, analoga alla greca Nike. Vittoria, in Treccani Enciclopedia online, https://www.treccani.it/enciclopedia/vittoria/, consultato il 24/08/2024.

[60] A. Beltrame, Nell’ora della gloria. Dopo le titaniche lotte, i sacrifici immani, i lutti e le bufere, sull’Esercito d’Italia, sulle eroiche legioni che romanamente pugnarono per la causa più santa, si è levata e sta, fulgidissima, la Vittoria, La Domenica del Corriere, numero 46 del 17-24 novembre 1918, copertina.

[61] A. Beltrame, In Trento liberata. La Messa della Vittoria a piè del Monumento a Dante, La Domenica del Corriere, numero 48, 1°-8 dicembre 1918, copertina.

[62] A. Beltrame, Fiume ancora una volta proclama solennemente la sua indomabile italianità. La commovente, plebiscitaria dimostrazione dei fiumani, dopo la consegna dei poteri statali al rappresentante della Madre Patria, La Domenica del Corriere, numero 19, 11-18 maggio 1919, p. 8.

[63] A. Canavero, Storia contemporanea,  cit., pp. 158-169.

[64] Ibidem.

[65] "Vittoria mutilata" è un'espressione che descrive il malcontento della popolazione italiana dopo la Prima Guerra Mondiale. Nonostante la vittoria alleata, gli accordi di pace non soddisfarono le ambizioni territoriali italiane, contribuendo ad un clima politico favorevole all'ascesa del fascismo. Il termine venne coniato da Gabriele D'Annunzio, poeta e nazionalista, che guidò l'occupazione di Fiume nel 1919. M. Cuzzi, Italia 1918 : una vittoria mutilata?, in Nuova Corvina, https://air.unimi.it/handle/2434/321570?mode=full, consultato il 25/08/2024.

[66] Emanuele Orlando (Palermo 1860-Roma 1952) fu un giurista e politico. Liberale, fu Presidente del Consiglio dei ministri dal 1917, dopo la disfatta di Caporetto, e fu a capo della delegazione italiana presso la conferenza di pace di Parigi, rivendicando senza successo i territori promessi all’Italia nel patto di Londra del 1915 e la sovranità su Fiume. Orlando, Vittorio Emanuele, in Treccani Enciclopedia online, https://www.bibliotecnologica.org/admin/site/s/La-Domenica-del-Corriere-e-il-Fronte-italiano/page/capitolo-4-i-trattati-di-pace-e-le-celebrazioni, consultato il 24/08/2024.

[67] A. Canavero, Storia contemporanea,  cit., pp. 158-169.

[68] L'inflazione è un aumento generalizzato dei prezzi dei beni (cibo, energia elettrica, carburanti, ecc.) e dei servizi (un taglio di capelli, un biglietto del treno, ecc.); essa diminuisce la quantità di beni o servizi che si possono acquistare con il denaro riducendo il valore della moneta nel tempo. Il contrario dell'inflazione, cioè la diminuzione generalizzata dei prezzi, viene definita deflazione, altrettanto rischiosa per il cittadino e l'economia generale. L'inflazione, in Banca d'Italia, https://economiapertutti.bancaditalia.it/informazioni-di-base/inflazione/?dotcache=refresh, consultato il 24/08/2024.

[69] A. Canavero, Storia contemporanea,  cit., pp. 168-169.

[70] Ibidem.

[71] A. Beltrame, Un ritorno caro ai veneziani. I cavalli di San Marco, che la guerra aveva fatto allontanare da Venezia, sono stati issati, tra il giubilo del popolo, al loro antico posto sul pronao della Basilica, La Domenica del Corriere, numero 47, 23-30 novembre 1919, copertina.

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