Capitolo 2. Verso il Fronte italiano

Il 24 maggio 1915 l'Italia dichiarò guerra all'Impero Austro-Ungarico, partecipando attivamente alla Prima Guerra Mondiale. La decisione di intervenire al fianco della Triplice Intesa (composta principalmente da Regno Unito, Francia e Russia) segnò una rottura con la precedente politica di neutralità che l'Italia aveva mantenuto con la Triplice alleanza (formata da Autria-Ungheria, Germania e Impero ottomano) sin dall'inizio delle ostilità nel 1914.[22]

In precedenza il dibattito politico sull'intervento o meno nel conflitto divise profondamente la società italiana. Tra le diverse fazioni vi erano i neutralisti, tra cui gran parte del Partito Socialista Italiano e dei cattolici, che si opponevano all'intervento per motivi pacifisti, economici e sociali. Dall'altro, gli interventisti, un gruppo eterogeneo composto da nazionalisti, irredentisti, liberali e una parte della classe dirigente, che vedevano nella guerra un'opportunità per completare l'unità nazionale e acquisire territori ritenuti "italiani" come il Trentino, il Sud Tirolo e la Dalmazia.[23]

Nonostante fossero numericamente superiori, i neutralisti non avevano la stessa influenza politica e mediatica degli interventisti, che riuscirono a mobilitare le masse attraverso i giornali e manifestazioni pubbliche. L'agitazione interventista divenne sempre più pressante, portando a una crisi politica del governo di Antonio Salandra, inizialmente neutralista, il quale si spostò verso posizioni interventiste. La decisione definitiva di entrare in guerra fu influenzata anche dal Patto di Londra,[24] firmato segretamente il 26 aprile 1915, attraverso il quale l'Italia si impegnava a schierarsi con l'Intesa in cambio di significative concessioni territoriali in caso di vittoria.[25]

La Domenica del Corriere illustrò l'entrata in guerra con l'illustrazione intitolata "L’esercito italiano è in marcia: scompare l’ingiusto confine." Questa rappresentazione visiva cattura il momento simbolico: l'esercito italiano è raffigurato in movimento, con numerosi soldati che avanzano con determinazione oltre un confine considerato anacronistico e oppressivo. I soldati italiani, con le loro uniformi riconoscibili, sono raffigurati in una postura fiera e coraggiosa, mentre alcuni di loro si occupano di rimuovere i simboli austriaci.[26]

La rivista sfruttò questa immagine per suscitare un sentimento di patriottismo tra i lettori, celebrando l'entrata in guerra come un atto di giustizia e redenzione storica. L'esercito non è solo un corpo militare in marcia, ma è rappresentato come liberatore e portatore di riscatto per l'intera nazione.[27]

"L’esercito italiano è in marcia: scompare l’ingiusto confine, cadono gli emblemi del nemico."

La guerra sul fronte italiano si rivelò estremamente difficile, combattuta in una varietà di ambienti e terreni che misero a dura prova i soldati e le loro capacità di adattamento. La Domenica del Corriere illustrò questi ambienti ostili sulle proprie copertine, tra cui:

  1. Il numero 50 del 1915, l'immagine rappresenta un soldato italiano in una posizione isolata, situata sulle vette alpine. L'uomo, coperto dalla sua tenuta bianca per ripararsi dal gelo, si trova su un terreno impervio e innevato, trasmettendo al lettore la durezza del clima in prima linea, dove le condizioni ambientali estreme si sommano alle difficoltà del conflitto.[28]

  2. Il numero 30 del 1916, lo scenario rappresenta la guerra combattuta nelle dense foreste di conifere, dove i soldati avversari sono raffigurati in movimento tra gli alberi, mostrando i pericoli nascosti tra la fitta vegetazione. L'immagine evoca la sensazione di costante minaccia e l'imprevedibilità degli scontri in questo tipo di ambiente.[29]

  3. Il numero 40 del 1915, in questa scena, i soldati italiani sono raffigurati mentre affrontano l'aspro terreno montuoso, scalando vette pericolose con l'aiuto di corde. La determinazione e la forza fisica dei soldati è evidente mentre trasportano sulla montagna la pesante artiglieria.[30]

La Domenica del Corriere attraverso queste immagini, comunica al lettore non solo la varietà dei terreni di guerra, ma anche mostra immagini di propaganda della tenacia e l'adattabilità dei soldati italiani, costretti a confrontarsi con una natura spesso ostile in aggiunta alla presenza del nemico.[31]

"Sugli estremi limiti della guerra: una nostra scolta avanzata, nella pittoresca tenuta invernale."
"La lotta nelle foreste: un assalto dei nostri a una delle impalcature di agguato, sistemate dagli austriaci fra i rami alti."
"Gli ardimenti dei nostri: vette scalate con le corde, cannoni sollevati ad altezze vertiginose."

Rimanendo sul tema della propaganda, La Domenica del Corriere svolse un ruolo cruciale nel costruire il consenso con un'immagine idealizzata della guerra attraverso le proprie illustrazioni, con la celebrazione delle imprese eroiche di singoli individui. 

Un esempio significativo è la copertina dedicata al volo di Gabriele d'Annunzio su Trieste. In questa illustrazione, il celebre poeta è rappresentato mentre sorvola la città di Trieste a bordo di un aeroplano[32], lanciando messaggi patriottici ai "fratelli" italiani sotto il dominio austriaco, enfatizzandone il coraggio e la determinazione.[33]

Un'altra famosa rappresentazione eroica è rappresentata da Enrico Toti [34], un soldato mutilato che, nonostante la sua disabilità, continuò a combattere per la patria. La copertina lo ritrae nel momento drammatico della sua ultima battaglia: ferito per la terza volta, Toti si rialza con immensa forza di volontà e, in un gesto di sfida suprema, scaglia la sua gruccia contro il nemico prima di cadere. Viene esaltata l'idea che il valore di un soldato non risieda nelle sue capacità fisiche, ma nel suo spirito indomito.[35]

Attraverso queste immagini, la rivista utilizzava queste storie per entusiasmare il pubblico, rafforzando l'idea che ogni sacrificio individuale fosse un passo verso la vittoria e la realizzazione del destino nazionale dell'Italia.

"Il volo di d’Annunzio su Trieste. Il Poeta lancia patriottici messaggi ai nostri fratelli: “La fine del vostro martirio è prossima!”."
"L’eroica fine del mutilato Enrico Toti: ferito per la terza volta, si alza e scaglia la sua gruccia contro il nemico in fuga."

La Grande guerra rappresentò un punto di svolta nella storia dei conflitti armati, introducendo una serie di innovazioni tecnologiche che trasformarono radicalmente le modalità di combattimento. Le tecnologie moderne, come le armi automatiche, l'artiglieria pesante, i gas asfissianti e i veicoli corazzati, divennero essenziali nella strategia militare, ma anche strumenti di distruzione e morte.[36]

La Domenica del Corriere documentò attentamente queste trasformazioni, dedicando diverse copertine ai loro effetti sul campo di battaglia. Una copertina particolarmente significativa è quella intitolata "Armi modernissime. Una nostra automobile blindata sorprende e disperde un gruppo di esploratori austriaci." In questa illustrazione, l'automobile blindata italiana[37] è raffigurata mentre emerge improvvisamente dalla vegetazione, sorprendendo un gruppo di soldati austriaci. La scena enfatizza la superiorità tecnologica delle forze italiane, propagandata dal governo attraverso i giornali.[38]

Un'altra copertina significativa è quella intitolata "I nuovi aspetti della guerra: anche i cani esploratori e i cavalli sono protetti contro i gas asfissianti." Questa illustrazione mostra l'adattamento della guerra alle nuove minacce, rappresentando cani e cavalli dotati di maschere antigas.[39] La copertina mette in luce l'importanza degli animali nel conflitto, non solo come strumenti di supporto logistico e comunicazione, e il pericolo dei gas asfisianti, utilizzati nelle guerre di trincea.[40]

Attraverso queste copertine, il giornale non solo informava i lettori sulle novità tecnologiche del conflitto, ma contribuiva anche a modellare la percezione della guerra come un confronto tra civiltà moderne, in cui il progresso tecnico giocava un ruolo determinante nel conseguimento della vittoria.

"Le armi modernissime. Una nostra automobile blindata sorprende e disperde un gruppo di esploratori austriaci."
"I nuovi aspetti della guerra: un controattacco delle nostre fanterie, con gli elmetti e le maschere."

Documentario: L'intervento dell'Italia (Rai Cultura)

Note:

[22] A. Canavero, Storia contemporanea, cit., pp. 142-144.

[23] Ibidem.

[24] Il patto, composto da 16 articoli, stabiliva che l'Italia entrasse in guerra al fianco dell'Intesa entro un mese. In caso di vittoria, l'Italia avrebbe ottenuto il Trentino e Alto Adige, la Venezia Giulia, l'Istria (esclusa Fiume), parte della Dalmazia con le isole adiacenti, l'egemonia sull'Adriatico, Valona e Saseno in Albania, il bacino carbonifero di Adalia in Turchia e compensi territoriali in Africa. Il trattato fu firmato segretamente per incarico del governo Salandra, senza informare il Parlamento, prevalentemente neutralista. Rimase segreto fino a quando i bolscevichi, dopo la Rivoluzione d'ottobre, lo resero pubblico insieme ad altri documenti diplomatici segreti per denunciare le manovre della politica estera zarista. Ibidem.

[25] Ibidem.

[26] A. Beltrame, L’esercito italiano è in marcia: scompare l’ingiusto confine, cadono gli emblemi del nemico, La Domenica del Corriere, numero 23, 6-13 giugno 1915, copertina.

[27] G. Oliva, La Domenica del Corriere va alla guerra. Il 1915-18 nelle tavole di Achille Beltrame, Gaspari, Milano, 2017, pp. 10-13.

[28] A. Beltrame, Sugli estremi limiti della guerra: una nostra scolta avanzata, nella pittoresca tenuta invernale, La Domenica del Corriere, numero 50, 12-19 dicembre 1915, copertina.

[29] A. Beltrame, La lotta nelle foreste: un assalto dei nostri a una delle impalcature di agguato, sistemate dagli austriaci fra i rami alti, La Domenica del Corriere, numero 30, 23-30 luglio 1916, p. 16.

[30] A. Beltrame, Gli ardimenti dei nostri: vette scalate con le corde, cannoni sollevati ad altezze vertiginose, La Domenica del Corriere, numero 40, 3-10 ottobre 1915 , p. 16.

[31] G. Oliva, La Domenica del Corriere va alla guerra. Il 1915-18 nelle tavole di Achille Beltrame, cit., pp. 13-16.

[32] Volontario di guerra e tenente dei Lancieri di Novara, d’Annunzio partecipò a diverse missioni militari nell'estate del 1915, con il desiderio di compiere un'impresa simbolica per lanciare un messaggio di speranza agli abitanti di Trieste. Nonostante alcune difficoltà, tra cui una iniziale negazione del permesso da parte del Ministro della Marina per la sua sicurezza, D’Annunzio ottenne l'autorizzazione dal Primo Ministro Salandra. Il 7 agosto 1915, D'Annunzio e il pilota Giuseppe Miraglia partirono da Venezia sull'aeroplano Albatros e, insieme ad altri due velivoli italiani e due francesi, raggiunsero Trieste. Durante l'azione, furono lanciati manifesti con slogan patriottici sulla città, oltre a diverse bombe che esplosero vicino a obiettivi militari. Il volo durò circa tre ore, successivamente l'aereo di D’Annunzio, seppur danneggiato, riuscì a tornare a Venezia. G. Finizio, 7 agosto 1915: il volo su Trieste di Gabriele d'Annunzio e Giuseppe Miraglia, in La Grande Guerra, numero 16, 2014, pp. 64-69.

[33] A. Beltrame, Il volo di d’Annunzio su Trieste. Il Poeta lancia patriottici messaggi ai nostri fratelli: “La fine del vostro martirio è prossima!, La Domenica del Corriere, numero 34, 22-29 agosto 1915 , p. 16.

[34] Enrico Toti (Roma, 1882 - Monfalcone, 1916) fu un soldato della Prima Guerra Mondiale. Si arroluò a 14 anni nella marina come mozzo specialista, tuttavia, dopo un incidente ferroviario nel 1908, gli fu amputata la gamba sinistra. Durante la guerra, si arruolò nel 3° battaglione ciclisti, distinguendosi per il coraggio fino alla battaglia del 6 agosto 1916, quando morì presso Monfalcone. Per il suo eroismo, gli fu conferita la Medaglia d'Oro al Valore e gli fu dedicato un monumento al Pincio, a Roma. Toti, Enrico, in Treccani Enciclopedia online, https://www.treccani.it/enciclopedia/enrico-toti_(Enciclopedia-Italiana)/, consultato il 21/08/2024.

[35] A. BeltrameL’eroica fine del mutilato Enrico Toti: ferito per la terza volta, si alza e scaglia la sua gruccia contro il nemico in fuga, La Domenica del Corriere, numero 39, 24 settembre-1 ottobre 1916, copertina.

[36] A. Canavero, Storia contemporanea, cit., p. 145.

[37] L'Autoblindo Bianchi era un veicolo blindato italiano sviluppato durante la Prima Guerra Mondiale dalla casa automobilistica Bianchi. Progettato nel 1915, era utilizzato principalmente per missioni di ricognizione e supporto di fanteria. Armato con una mitragliatrice Fiat-Revelli da 6,5 mm, l'Autoblindo Bianchi aveva una corazza leggera che proteggeva l'equipaggio da armi leggere e schegge. Il veicolo rappresentò uno dei primi tentativi italiani di utilizzare veicoli blindati per scopi bellici. O. Skvortsovsky, Veicoli blindati italiani del periodo della prima guerra mondiale, in Top War, https://it.topwar.ru/73941-italyanskaya-bronetehnika-perioda-pervoy-mirovoy-voyny.html, consultato il 21/08/2024.

[38] A. Beltrame, Le armi modernissime. Una nostra automobile blindata sorprende e disperde un gruppo di esploratori austriaci, La Domenica del Corriere, numero 7, 13-20 febbraio 1916, p. 16.

[39] Le armi chimiche furono una novità bellica della Prima Guerra Mondiale: utilizzate per la prima volta dall'esercito tedesco nel 1915 presso la cittadina belga Ypres, il composto tossico fu la prima sperimentazione di agenti ad azione cutanea vescicanti, creando problematiche per la salute dei soldati. Successivamente quel gas sarà noto con il nome di iprite. La morte è nell'aria, in Rai Cultura, https://www.raicultura.it/storia/articoli/2019/01/La-morte-e-nellaria-8cd6a8a1-1b95-4dca-8750-105300803ef5.html, consultato il 21/08/2024.

[40] A. BeltrameI nuovi aspetti della guerra: un controattacco delle nostre fanterie, con gli elmetti e le maschere, La Domenica del Corriere, numero 50, 12-19 dicembre 1915, p. 16.

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